
venerdì 28 novembre 2008
L'educazione come consegnarsi

lunedì 24 novembre 2008
Eluana Engaro

martedì 18 novembre 2008
"Vincere"

martedì 11 novembre 2008
Ti dò DIECI per aver UNO

Chi di noi presterebbe 1o euro ad un amico per avere poi indietro 1 solo euro? Nessuno.
Minimo pretenderemo in cambio quello che abbiamo dato.
La stessa logica non avviene in campo educativo, dove tu rischi e metti in gioco 10 per avere, forse, in cambio 1. Non è che gli educatori siano incapaci di fare i conti o siano scarsi in aritmetica, ma, come ho già detto nel post precedente, fondano il loro dare sul rischio: ti dò 10 sperando che forse ritorni 1.
Questa logica ci fa capire velocemente che l'educazione si fonda su un dare di più, che ha, come attributo fondamentale, la gratuità, o, se vogliamo, l'arrichimento dell'altro.
Certo non è facile accettare questo. Abituati come siamo ad aver qualche tornaconto personale, o comunque a guadagnarci qualcosa, ci sembra assurda la logica: ti dò 10 per avere, forse, in cambio 1.
Vorrei però subito aprire il campo di approffondimento dicendo che questo uno di risposta è UNICO.
Qualche giorno fà ho fatto lezione nella mia classe. Io insegno in una scuola primaria di primo grado. Durante la lezione, un alunno è stato particolarmente vivace, tanto che alla fine della lezione non vedevo l'ora di andare via da quanto ero stanco e infastidito da quell'alunno.
Stavo per uscire dalla classe, ma poi, dentro di me ho sentito una voce che mi ha detto di fermarmi e di spendere un pò del mio tempo per dialogare un pò con quel bambino, e così ho fatto. Non so esattamente perchè l'ho fatto; forse per gesto d'altruismo che mi ha portato a dire: lì davanti a me c'era una persona che forse aveva bisogno...
Vi assicuro che più passavano i minuti e più riscoprivo davanti a me una persona la quale, anche se mi aveva "stressato" per tutta la lezione, era una persona unica. Quel bambino mi ha dato indietro un unico che altri non avrebbero potuto darmi.
Questo sono fortune. A volte, purtroppo, almeno per me, non è facile accorgermi di questo 1 che torna indietro; ma quando lo scopro questo vale non come 10 ma come 100. E' come un grazie o un bacio che il bambino dà alla sua mamma, dopo che questa ha speso tantissimo tempo e amore per il bambino... un 1 che è unico!
E se non torna indietro a me, sono certo che un'altra persona riceverà quel 1 che prima o poi ritorna.
Per questo sono persuaso che vale proprio la pena di mettere in gioco tutto noi stessi, di darci completamente nell'opera educativa per creare una risposta che quantitativamente ha il valore di uno ma qualitativamante è UNICO.
Il rischio
Mi ha colpito questa mattina una sottolineatura della mia insegnante di pedagogia generale che ha marcato come una delle competenze traversali dell'educatore è saper accettare il rischio.
Una frase, forse, data per scontata tante volte quando abbiamo a che fare con un'altra persona, in quanto caratterizzata dalla libertà personale.
Ma questa volta, la parola rischio non mi è scivolata via come qualcosa di ovvio, ma si è fermata come un segnale chiaro e luminoso dentro la mia mente, come un'indicazione ben precisa da seguire.... un buon educatore ha a che fare col rischio... può spendere energie, tempo, passione, progetti, attività, col rischio che l'altro ignori tutto questo e lo consideri inutile.
Se guardo la mia esperienza di educatore già altre volte ho fatto l'esperienza del rischio che si è tramutato poi anche in fallimento.
Ma ora, la scoperta che il rischio deve essere una competenza specifica dell'educatore, mi fà nascere una nuova speranza nel provare, tentare, rischiare, anche se forse non arriverà il successo.
Certo affermare l'importanaza del rischio in una società che pone l'efficientismo, la vittoria, il successo come valori supremi, può sembrare anacronistico o fuorviante. Ma forse la soluzione di questa dicotomia sta nel fatto che mentre la società insegna a porre se stessi e il proprio interesse prima di tutto, l'educatore sceglie l'altro come interesse della propria azione per un senso di amore altruistico.
L'educatore è colui che ha scoperto che c'è più gioia nel dare che nel ricevere. Basti pensare al gesto di tanti genitori che si danno per i figli, o l'amico che si dona all'altro amico, o alle persone che si sostengono e aiutano a vicenda, per capire anche noi la verità di questa frase.
E allora, ritornando all'argomento principale, vale proprio la pena di rischiare: come educatori amiamo il rischio da operare, stare, camminare, amare... l'altro.
martedì 4 novembre 2008
E' più facile ASCOLTARE o GIUDICARE?

Incuriosito dalla presentazione l'ho seguito attentamente sino alla fine.
Cercando di sintetizzare chi sono i ragazzi EMO, si tratta di un modo di apparire dai tratti particolarmente femminili: i ragazzi, infatti, sono truccati in viso, in particolare agl'occhi, come le ragazze, con una caratteristica frangia presente sia nei ragazzi che nelle ragazze.
A parte il look, è lo spirito che soggiace sotto che mi ha particolarmente colpito: il vivere e il far vedere uno stato di vita emozionalmente tendente alla tristezza; lo stesso trucco molto "pesante" sembra voler coprire la positività di una immagine personale di vita semplice, che esprima gioia, freschezza, spontaneità, allegria, per riflettere invece un'apparenza falsata, dai contorni tristi e connotata di tristezza, cupismo, e malinconia.
Sappiamo tutti che il look, il modo di vestirci e comportarci dice chi siamo. Ma allora, come educatore mi sono chiesto: i ragazzi EMO cosa mi stanno dicendo? Forse al giorno d'oggi abbiamo perso l'ebbrezza della semplicità, della normalità, quella capacità di sorprenderci anche per le piccole cose, a discapito invece di un mondo che ci propone prodotti artefatti, dove i rapporti umani sono veicolati o controllati da schemi predefiniti ( a questo proposito, i ragazzi EMO esprimono liberamente i loro sentimenti, tanto che gli stessi ragazzi maschi si baciano sulla bocca tranquillamente), dove il culto dell'immagine porta a volte il rischio di assumere maschere per apparire quello che non si è.
Io penso che un semplice gruppo, in questo caso i ragazzi EMO, ci stia dicendo tante cose, come nel passato facevano altri gruppi come i Dark, i Punk, i Metallari o altri.
Vorrei però aprire una discussione e chiederci: quanto centro anch'io nella costruzione di questo modo immaginario (cioè fatto di immagine)? Quale deve essere il mio atteggiamento come educatore?
Se fino a qualche tempo fà mi avrebbe lasciato perplesso e pensieroso vedere ragazzi così, oggi ho imparato, o meglio sto imparando, a non giudicare, ma ad ascoltare quello che l'altro vuole dirmi col suo atteggiamento. Questo forse è il passaggio più difficile, ma fondamentale come educatore... ma anche come amico o semplicemente compagno di cammino.
Pensate alle nostre famiglie, gruppi, classi di scuola o altro: quando vediamo dei ragazzi che si vestono o si comportano in modo "strano", siamo subito pronti a giudicare e cercar di far ritornare l'altro dentro gli schemi , o quanto invece ci chiediamo: cosa mi vuole dire con quel comportamento?
Lascio la discussione aperta. Se qualcuno vuole aggiungere la sua esperienza penso possa essere arricchiente per tutti. Sarebe interessante sentire la voce anche di qualche ragazzo.
PS: sebbene abbia cercato di documentarmi, può darsi che ci siano degli errori sulle informazione dei ragazzi EMO. Chiedo eventualmente scusa.