venerdì 28 novembre 2008

L'educazione come consegnarsi

E' importante, quando si agisce come educatori, partire dalla propria esperienza personale e non mettersi nella posizione di chi insegna oppure chiede qualcosa o interroga i giovani. Questo penso sia un buon atteggiamento per un educatore che voglia operare con i giovani in modo competente.

Infatti, uno dei rischi come l'educatore è quello d'immedesimarsi talmente in questo ruolo da mettersi su un piano diverso con l'educando: io sono qui, io sono l'educatore, e tu sei là, sei da educare. C'è il rischio di mettersi su due piani diversi, dove l'educatore, logicamente, sta su quello superiore rispetto a quello dell'educando.

Ma facendo così l'educatore si stacca dall'educando, non si crea un'empatia tra i due, e quindi anche tutte le parole che l'educatore dice sembrano come calate dall'alto, e non come quelle di un amico o fratello maggiore che vuole camminare con te.

Scrivo questo perchè tante volte capita a me di cadere in questo errore.

Se i ragazzi o giovani che ho davanti a me non mi conoscono, come possono aver fiducia in me? Sei io non mi apro a loro, perchè devono farlo loro? Non si dà fiducia ad un estraneo. E per non essere estranei bisogna raccontare se stessi, dire a chi si ha davanti la propria vita, svelare le proprie esperienze: allora anche l'altro si aprirà.

L'educazione è come un consegnarsi : perchè l'educando si consegni all'educatore, c'è bisogno che l'educatore, prima, si consegni all'educando.

Facile da dire questo, ma più difficile da mettere in pratica. Già! Però il fatto di accorgersi o capirlo penso possa essere il primo passo per metterlo in pratica.

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